“In Cina non abbiamo esami orali anche se vedo il loro valore. Parlare ad alta voce di qualcosa aiuta a pensare in maniera logica e a ricordare meglio.”
Perché hai deciso di studiare Ingegneria Meccanica?
In Cina, così come in Italia, gli studenti devono scegliere la scuola secondaria di secondo grado in base alle materie di loro interesse. Io ho scelto una scuola superiore che in qualche modo corrisponde al liceo scientifico italiano. In tutta onestà credo semplicemente di aver seguito il mio sogno nel cassetto. Da che ho memoria, ho sempre voluto diventare una scienziata. Dopo il diploma mi sono iscritta alla Tongji University di Shanghai. Il primo giorno di Università ho visto la promozione dell’evento per la presentazione del Programma di Doppia Laurea PoliTong quindi mi sono registrata e ho partecipando con l’obiettivo di ottenere maggiori informazioni. Il processo di candidatura è stato abbastanza lungo, tra test di lingua e una serie di colloqui. Il vantaggio è che hai tutto il tempo per decidere se proseguire o meno. Certamente c’erano altri programmi di scambio con Università tedesche e francesi, ma non propriamente per ingegneria meccanica. Alla fine la mia candidatura è andata a buon fine e io ho deciso di partecipare. La verità è che mi è piaciuto tutto del percorso scelto, perché ho potuto scegliere i corsi semplicemente in base ai miei interessi e, nel mentre, ho avuto la possibilità di imparare una nuova lingua. Inoltre, ho potuto considerare e continuare a studiare in Italia, al Politecnico di Milano, dove poi ho deciso di iscrivermi alla Laurea Magistrale e di proseguire con il Dottorato.
Avevi un’alternativa al Politecnico di Milano? Se si, cosa ti ha portato a questa scelta?
Frequentare il Programma di Doppia Laurea PoliTong implicava di dover studiare un anno presso l’università partner all’estero, scegliendo tra il Politecnico di Milano e il Politecnico di Torino. Ho scelto Milano perché ritenevo che fosse una realtà diversa da quella che conoscevo già. Vedi, l’Europa è molto diversa dalla Cina. Però io provengo da una piccola cittadina industriale accanto al deserto a nordovest della Cina, vicino a Xinjiang e al Tibet, e Torino in qualche modo mi ricordava il posto in cui sono cresciuta. La conferma è arrivata dai compagni che prima di me hanno partecipato al programma e da mio padre che per lavoro ha soggiornato a lungo in entrambe le città. A quel punto ero sicura che avrei scelto Milano. Sapevo che non sarebbe stato facile ma mi piacciono le sfide.
Quali sono gli aspetti positivi del vivere in Italia?
Inutile dire che è molto diverso da ciò a cui sono abituata. Lampante, se consideriamo gli stili di vita. Eppure lo adoro. Amo il cibo e le persone. Sono tutti gentili, accoglienti e sempre aperti allo scambio e al confronto costruttivo. Grazie al mio essere estroversa, che mi ha sicuramente reso le cose più facili, adesso posso dire di avere molti amici italiani. Mi piace molto anche la facilità con cui è possibile fare volontariato. Io lo faccio spesso ed è per me anche un’occasione per conoscere gente da tutto il mondo.
Dal tuo trasferimento in Italia ad oggi, quali sono stati i momenti in cu ti sei sentita maggiormente in difficoltà?
In generale conoscere la lingua ha reso tutto decisamente più semplice. Come stabilito del programma PoliTong al quale ero iscritta, quando sono arrivata erano ormai due anni che studiavo l’italiano e avevo già ottenuto una certificazione linguistica di livello B2. Questo mi ha permesso di comunicare con la gente del posto già dal primo giorno. Essere in grado di capire e parlare in Italiano si è rivelato un enorme vantaggio. Purtroppo però non basta un B2 quando ci si scontra con la legge. Senza considerare che io odio la burocrazia. Ammetto che andare in questura per il rinnovo del permesso di soggiorno o per sporgere denuncia in un Paese straniero non è per niente come bere un bicchiere d’acqua. A parte questo piccolo dettaglio, non ho mai avuto difficoltà tali da compromettere l’amore che ho per questo posto, motivo per cui mi piacerebbe rimanerci (almeno per un po’ una volta finito il dottorato).
In cosa è diversa la tua Università dal POLIMI?
Direi che si concentra più sulla pratica che sulla teoria. Per esempio, in Cina tutti gli studenti di ingegneria devono seguire un corso obbligatorio in cui ad ogni studente viene chiesto di trasformare un materiale grezzo (quali, tra i tanti, i metalli) in un martello. Gli studenti hanno a disposizione una stanza piena di strumenti da poter utilizzare e un semestre per portare a termine il compito. Questo permette agli studenti di mettere subito in pratica i principi appresi durante le lezioni e di divertirsi allo stesso tempo. È un esercizio molto efficace per comprendere I principi base della meccanica.
Qual è stata la sfida più grade che hai dovuto affrontare in qualità di studentessa POLIMI?
Gli esami orali, nessun dubbio. In Cina non abbiamo questo tipo di esami. Siamo più abituati a scrivere quello che abbiamo imparato piuttosto che a raccontarlo. Esprimere questi concetti a parole non è semplice, ma ne capisco l’importanza. Parlare ad alta voce di qualcosa aiuta a pensare in maniera logica e a memorizzare. È straordinario come, ancora adesso, io ricordi perfettamente quanto studiato, nonostante sia passato un po’ di tempo.
Qual è stata la tua maggior soddisfazione del tuo percorso di studio e di vita in Italia?
Il giorno della mia Laurea. Per l’occasione mia mamma è venuta in Italia dalla Cina. Il giorno della proclamazione era in aula insieme ai i miei amici. Ma, soprattutto, è stata una Laurea “all’italiana”: con la corona d’alloro come vuole la tradizione. È un ricordo che conserverò per sempre nel cuore.
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