Federico Rovera

“La Laurea Magistrale non l’ho mai esclusa e mai idealizzata. Il Percorso Professionalizzante, non solo per gli indecisi, non preclude la possibilità di continuare a studiare. Non è mai troppo tardi.”

Nome: Federico Rovera

Provenienza: Arcisate (VA)

Studi: Ingegneria Meccanica

Perché hai scelto di iscriverti al corso di studi di Ingegneria Meccanica al Politecnico di Milano?

Mi reputo una persona molto razionale, una di quelle che in gergo si definirebbe una persona “quadrata”. Aggiungici una forte passione per la tecnologia, la meccanica e l’automobilismo sportivo ed ecco servito il motivo per cui ho sempre saputo che avrei scelto ingegneria meccanica. Le mie passioni hanno sicuramente influenzato la mia scelta, insieme al fatto di aver frequentato il liceo scientifico. Infatti sono molto entusiasta del mio percorso in ingegneria meccanica perché mi ha permesso di coltivare passioni pregresse e scoprirne di nuove, come quella per l’analisi matematica – nonostante io sia più incline alle materie pratiche – e per la progettazione.

Avevi le idee molto chiare in merito alla scelta del corso di studi… È stato così anche per la scelta Percorso Professionalizzante?

In realtà non proprio. Ero indeciso tra la specializzazione in progettazione e in motori e turbomacchine. Data la mia passione per l’automobilismo sportivo, la seconda sembrava la scelta più ovvia. Ma seguire  corsi come tecnologia meccanica e fisica tecnica è stato illuminante, non solo per la loro componente pratica. Al momento di prendere la decisione, mi sono accorto che non volevo precludermi nulla e scegliendo di specializzarmi in qualcosa di molto specifico come le turbomacchine avrei fatto esattamente il contrario. Non avendo le idee del tutto chiare sul futuro, ho preferito la scelta meno specifica.

Mi sembra di capire che i tuoi interessi siano maturati nel tempo… Vale anche per la laurea magistrale?

L’idea di iscrivermi alla magistrale non l’ho mai esclusa ma non ho mai nemmeno idealizzato ingegneria meccanica come la mia unica possibilità. Il percorso professionalizzante, non solo per gli indecisi, non esclude la possibilità di continuare a studiare. Si è sempre in tempo per cambiare idea e non sarà mai troppo tardi. Nel mentre, il tirocinio obbligatorio rende il percorso sicuramente più pratico, oltre ad essere un modo per entrare in contatto diretto con il mondo lavorativo. Il piano di studi del percorso professionalizzante mi è piaciuto proprio perché possiede tutta una serie di caratteristiche che rispecchiano il mio modo di essere e vanno incontro alla mia personalità. Però, nonostante io sia comunque molto contento di aver seguito questa strada, presto mi sono reso conto che ho ancora tanto da imparare. Oggi sono consapevole che fermarmi dopo i tre anni non è abbastanza per me, anche se probabilmente perseguirò una carriera leggermente diversa rispetto a quella dell’ingegnere meccanico propriamente detto.

L’esperienza di tirocinio ti ha aiutato nel prendere questa decisione?

In un certo senso credo di si. Passare dalla teoria alla pratica è stato bellissimo, ma non ho ancora colmato del tutto la mia sete di conoscenza, per quanto il tirocinio sia andato bene. E per diversi motivi, devo ammettere, sono stato anche molto fortunato. Il primo è che, nonostante le limitazioni, sono riuscito a svolgere l’attività recandomi fisicamente in azienda – cosa non poco scontata nel pieno di una pandemia. In secondo luogo, perché sono stato accolto in un team che si occupava proprio di progettazione. L’ufficio tecnico nel quale sono stato inserito, formato da sei specialisti di ambito diverso, stava lavorando allo sviluppo di un dispositivo utilizzato nel settore farmaceutico per la produzione di medicinali. Io ho lavorato, insieme al mio tutor aziendale, agli aspetti del dispositivo legati alla fluidodinamica. L’ho travata un’esperienza molto formativa, considerato che ho imparato a: usare nuovi software, adattare le conoscenze acquisite al caso specifico, e condurre uno studio rispettando i paramenti imposti dal mercato e dal produttore. L’unica “difficoltà” che ho avuto è stata quella di dover trovare degli stratagemmi per restituire i risultati del mio lavoro nell’elaborato di tesi. Trattandosi di dati riservati, i tutor mi hanno suggerito di optare per grafici senza indicazioni numeriche e utilizzare variazioni percentuali generiche per descrivere la mia attività e i risultati dello studio. In generale mi ritengo molto soddisfatto dell’esperienza, però rimango convinto che la strada è ancora lunga.

Parlando di difficoltà, quale pensi sia stata la sfida più grande che hai dovuto affrontare?

La mia sfida più grande è stata dover re-imparare a studiare, poiché le lezioni universitarie non hanno davvero nulla in comune con la didattica delle scuole superiori. Oggi è lampante come i professori avessero ragione a ripetere fino alla nausea “guardate che se studiate, studiate per voi!”. Forse varrebbe la pena ascoltarli, perché la pratica e lo sforzo rendono meno duro il passaggio liceo-università e il doversi adattare ad un metodo di studio tutto nuovo. Non fraintendetemi: non è un passaggio semplice! Però avere delle buone basi e circondarsi di compagni aperti al confronto è fondamentale per riuscire e per immergersi in questa nuova esperienza senza incasinarsi troppo.

Dove ti vedi in futuro?

Che domanda difficile. Quello che voglio fare da grande non lo sapevo da bambino e credo di non saperlo nemmeno adesso, però sono molto propenso all’idea di diventare un progettista. Come e in che ambito non lo so ancora, ma spero di poter combinare la meccanica a tematiche più attuali quali la sostenibilità ambientale e lo stoccaggio di energia.

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