Beatrice Rimoldi

“Non avere le stesse passioni degli altri o non essere il tipico ingegnere meccanico sono limiti che esistono solo nella vostra testa”.

Nome: Beatrice Rimoldi

Provenienza: Monza (MB)

Studi: Ingegneria Meccanica

Perché hai scelto di iscriverti a Ingegneria Meccanica al Politecnico di Milano?

Sono sempre stata portata per le materie scientifiche, anche se in realtà ho fatto il liceo classico. In generale sono comunque molto contenta del mio percorso umanistico, perché sono una ferma sostenitrice del fatto che nella vita bisogna essere delle persone complete. Inoltre posso affermare di possedere competenze che un percorso prettamente scientifico mi avrebbe precluso. Nonostante tutto, già a scuola mi era chiaro che avessi un modo di approcciarmi e risolvere i problemi diverso da quello dei miei compagni. In cuor mio sapevo che all’università avrei scelto qualcosa di più tecnico, anche se senza un’idea precisa sul cosa avrei approfondito. La scelta è ricaduta su Ingegneria Meccanica perché offre un piano di studi variegato, capace di darmi una preparazione a 360°. Nel mentre questo tipo di formazione mi avrebbe dato tempo e mezzi per capire quali fossero veramente i miei interessi. Per quanto riguarda il Politecnico, sapevo che fosse un’ottima università e me ne avevano sempre parlato molto bene. Tendenzialmente è stata una scelta di pancia.

Qual è stata la difficoltà più grande che hai dovuto affrontare?

Oltre mettermi in pari con matematica e fisica? Scherzi a parte, è stata dura ma non è impossibile. Guardandomi indietro non posso che chiedermi come io sia riuscita a passare il TOL con le conoscenze che avevo e non nascondo che ho fatto veramente fatica perché mi mancavano proprio alcune basi. Però con il supporto e il confronto con i compagni e la disponibilità dei docenti a chiarire eventuali dubbi sono riuscita a superare tutte le difficoltà. Non c’è vergogna a prendersi il tempo necessario. Io per esempio ho dato Analisi 1 a distanza di un semestre per potermi preparare adeguatamente. Con la giusta organizzazione nello studio e determinazione il traguardo è più vicino di quanto non sembri. Non mi ritengo un genio, sono soltanto una ragazza normalissima che ha saputo credere nelle sue capacità: credo che questa sia la chiave che permette di superare qualsiasi ostacolo.

Quale indirizzo hai scelto il terzo anno?

Avendo escluso il Percorso Propedeutico, la mia scelta è ricaduta sul Percorso Professionalizzante in Progettazione. L’ho scelto per svariati motivi. Il primo è che, tra tutti, è sicuramente il meno specifico. Il secondo è che non ho mai avuto una particolare passione per le macchine o l’automotive, perciò non ero abbastanza motivata a scegliere qualcosa di così particolare. Alla fine sono rimasta molto contenta sia degli insegnamenti, sia dell’esperienza di tirocinio.

Raccontaci la tua esperienza di tirocinio…

Per il tirocinio ho partecipato alla progettazione di un motore elettrico navale che sarebbe stato utilizzato per una competizione “Solar and Energy Boat Challenge” a Monaco. La gara prevedeva la partecipazione di imbarcazioni a energia solare (classe Solar), con motori elettrici (classe Energy) e di lunga tratta (classe Open Sea). Il motore che abbiamo deciso di sviluppare sarebbe servito per una barca appartenete a quest’ultima categoria capace di percorrere 36 miglia nautiche senza l’impiego di combustibili fossili. Sono partita da un prototipo già esistente che ho potuto testare in gara e, in collaborazione con l’azienda produttrice di eliche e un’azienda produttrice di motori elettrici, abbiamo sviluppato un nuovo prototipo del motore che fosse più performante. Il mio prototipo non è stato realizzato solo perché po’ estremo, considerando che non prevede una copertura. Però il lavoro da me svolto servirà da base per la realizzazione dello stesso in alluminio, e di questo sono molto soddisfatta.   

Hai usufruito di altri servizi e opportunità messe a disposizione dal Politecnico?

Ho avuto modo di partecipare ad un corso di tedesco. L’idea è nata un po’ per gioco anche se il corso era molto serio e molto ben organizzato. Alla fine è stata comunque una bella occasione. In più ho partecipato ad un corso Passion In Action di “Elettronica per la musica e il suono”. Da studentessa di pianoforte al conservatorio, ho voluto combinare la passione per la musica all’ingegneria. La parte più bella è stata potersi confrontare con gente che condivide i miei stessi interessi, seppur di nicchia. Il corso nasceva come a metà tra lezioni e attività di laboratorio, ma causa Covid-19 il tutto è stato ridotto online. È stato però molto interessante perché ci sono stati presentati nel dettaglio tutti gli strumenti elettronici che servono per la propagazione del suono. A me è piaciuto particolarmente poter vedere quella che è la tendenza innovativa dopo aver studiato musica in termini più classici.

Essere una donna ti ha creato delle difficoltà?

A livello universitario le battute e i commenti inadeguati sono veramente pochi e i compagni sono molto gentili. Ma essendo parte di un team studentesco – responsabile strutture del POLIMI Sailing Team – spesso mi sono trovata nella posizione di dovermi rapportare con enti terzi al fine di portare a termine il progetto della squadra, ovvero la costruzione del modello barca a vela ecosostenibile messo a punto dal team. In queste occasioni è capitato di sentirmi inadeguata. Però il mio carattere forte mi ha permesso di fare di questi episodi uno stimolo a dimostrare quanto valgo. Ho saputo trasformare il vento contrario in vento in poppa: più mi veniva detto che quello non era il mio posto, più forte cresceva la motivazione a dimostrare che non fosse assolutamente vero. Ovviamente il supporto dei miei compagni non è mai mancato. Andando avanti con gli studi e crescendo si riesce ad acquisite maggiore maturità e a mostrare maggiore sicurezza. Con questo cambia anche il modo con cui la gente si approccia al professionista, indipendentemente dal sesso. Ad ogni modo in questi tre anni ho notato un cambio di sensibilità, e questo fa sperare di essere sulla buona strada verso la creazione di un ambiente più inclusivo.     

C’è un consiglio che ti senti di dare ai futuri studenti?

Lanciatevi. La timidezza non serve. Non avere le stesse passioni degli altri e non avere quelle caratteristiche che fanno lo stereotipo dell’ingegnere meccanico sono ostacoli che esistono solo nella vostra testa. Non abbiate paura di aprirvi agli altri, perché alla fine vi renderete conto che meccanica non significa solo automotive e veicoli. Cercate di spaziare tra ambiti e conoscenze diverse, siate curiosi e apritevi a nuove possibilità di confronto. E, soprattutto, non lasciate che l’essere donna vi freni.

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